
L’autore
Tommaso Tarondo
Junior HR
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Ti è mai capitato di cercare una nuova occupazione, oppure di cambiare radicalmente la direzione della tua carriera, e, una volta intrapresa questa nuova strada, di sentirti disorientato/a, frustrato/a, disilluso/a? Se la risposta è “sì”, sappi che è del tutto normale (o quasi, e tra poco vedremo perché).
Shift Shock: un Fenomeno Comune e Complesso
Rendersi conto che il nuovo ruolo assunto o che l’azienda in cui speravi da tempo di lavorare non sono come te lo aspettavi, accorgersi che non rispecchiano la descrizione che era stata fornita dall’annuncio di ricerca pubblicato o dai recruiter e manager che hanno condotto il colloquio di assunzione, comprendere che le proprie competenze, predisposizioni e valori non sono in linea con quelli consolidati e apprezzati da coloro che ci lavorano: come potete vedere, è difficile trovare una spiegazione univoca, valida per chiunque, del “perché” possiamo provare disagio una volta arrivati in una nuova realtà. Quello che è certo, è che coloro che vivono questa esperienza sono accomunati dalla disillusione delle proprie aspettative, ed è inevitabile che ciò porti a sperimentare emozioni negative come frustrazione e rimpianto, ma sono convinto che questo già lo sappiate.
Basti pensare che, da un sondaggio di The Muse, il 72% dei nuovi arrivati in azienda riporta di aver provato shift shock e che il 48% cercherebbe di riottenere il precedente lavoro se lo avvertisse. La tendenza a lasciare il nuovo posto di lavoro poco tempo dopo essere stati assunti si sta rafforzando, complice il cambiamento nella concezione del “lavoro” da parte della Gen Z, caratterizzato dalla ricerca di una maggiore flessibilità, dal desiderio di perseguire una crescita professionale continua e un’attenzione particolare ai valori etici e all’equilibrio vita-lavoro. Diversamente, le generazioni precedenti hanno posto un’enfasi maggiore sulla stabilità lavorativa a lungo termine, mettendo in secondo piano le questioni etiche e la ricerca di lavori in linea con i propri valori personali.
Le cause del fenomeno
Come riportato precedentemente, non è possibile individuare un’unica causa all’origine del shift shock, però possiamo individuare dei cluster, ossia degli insiemi di elementi definiti da alcune caratteristiche comuni, in grado di descriverne l’ampiezza. Andiamo a vederli:
Inadeguato processo di assunzione
Molto spesso capita che ad occuparsi della ricerca e della selezione del personale in azienda siano manager o responsabili senza le giuste competenze per valutare la corrispondenza tra ciò di cui l’azienda necessita in termini di hard e soft skills e di quelle che sono le abilità, esigenze e tratti di personalità del candidato.
Ci si trova di fronte ad una situazione ancora più grave quando, a partire dalla pubblicazione dell’annuncio di lavoro e proseguendo con il colloquio in azienda, il responsabile deliberatamente sceglie di condividere informazioni fuorvianti sulla posizione aperta e sull’azienda come, ad esempio, quando si enfatizza un ambiente di lavoro accogliente e sereno mentre in realtà si promuovono comportamenti tossici da parte dei leader e condizioni di lavoro ingiuste. Ciò è frequente quando le aziende esperiscono difficoltà nel reperire nuovi collaboratori e la pressione che si crea può portare i reclutatori a enfatizzare eccessivamente i lati positivi di una posizione, minimizzando gli svantaggi per attirare più candidati. Ma, come si suol dire, tutti i nodi vengono al pettine, e le conseguenze di un tale comportamento sono evidenti. Una complessa retention e un inevitabile aumento del tasso di turnover e dei costi del reclutamento.
Aspettative non corrispondenti tra datori di lavoro e nuovi assunti
A partire dal 2023, i dipendenti millennials e quelli della Generazione Z rappresentano quasi il 40% di tutti i lavoratori a livello globale. Come già anticipato, queste generazioni sono portatrici di idee e valori diversi sul lavoro rispetto ai loro predecessori, e una delle differenze più significative riguarda le loro aspettative sulla relazione datore di lavoro-dipendente. I “giovani lavoratori” vedono come un requisito base che i datori di lavoro li rispettino e li valorizzino, piuttosto che come qualcosa che si guadagna attraverso ottime prestazioni e non sentono lo stesso senso di obbligo verso i loro datori delle generazioni più anziane. Detto ciò, se si sentono dati per scontati hanno molte meno remore a lasciare per un’opportunità migliore.
La novità spaventa
Quando si decide di cambiare lavoro o ruolo (di solito) non lo si fa alla leggera, spesso la scelta arriva dopo un periodo di attenta riflessione su ciò che ci piace e sappiamo fare meglio, su quanto veniamo ricompensati per il lavoro che facciamo o sulle prospettive di carriera che ci offre l’attuale azienda. Altre volte quello che facciamo proprio non ci soddisfa e allora diamo le dimissioni, ci trasferiamo in un posto che crediamo sia migliore, entriamo dalla porta di ingresso e la novità ci travolge: non sappiamo quali compiti svolgere per primi, dobbiamo imparare a svincolarci all’interno degli scenari sociali e la cultura e il clima aziendale sono totalmente diversi. Tutto ciò è normale, così come lo è provare sentimenti di ansia e incertezza e ripensare che, in realtà, il vecchio lavoro non era poi così male. Ma attenzione a non farci ingannare, dopo un periodo di ambientamento sembrerà tutto normale!
Strategie dei candidati per limitare lo Shift shock
I candidati possono mettere in pratica alcune accortezze per limitare gli effetti negativi del cambiamento. Queste devono essere considerate delle linee guida, delle buone pratiche, non in grado di risolvere la problematica, in quanto la maggior parte delle volte non è responsabilità del candidato o del nuovo assunto il vissuto di frustrazione e sconforto iniziale, ma capaci di aiutare a prendere coscienza di ciò di cui ci si può aspettare.
Innanzitutto, è importante arrivare al primo colloquio avendo stabilito delle aspettative chiare in merito al ruolo che si andrà ad assumere e renderle esplicite. Ciò significa definire le responsabilità che ci si aspetta di avere, gli orari lavorativi durante i quali si può essere attivi e reperibili, le preferenze in merito alle giornate di smart-working (se previste), ecc, e porre domande agli intervistatori per conoscere maggiori informazioni sul ruolo e sulle politiche aziendali e comprendere se le loro aspettative sono in linea con le proprie. Nonostante il personale HR sia un’ottima fonte di informazioni, è opportuno che i candidati approfondiscano da sé la conoscenza del ruolo e dell’azienda. La pagina web ufficiale o quella di LinkedIn possono fornire informazioni importanti sui loro valori, obiettivi e sulla durata della permanenza media dei dipendenti in azienda. Proprio su LinkedIn è possibile contattare altri dipendenti ed ex dipendenti, una fonte preziosissima per ottenere informazioni più imparziali e meno viziate da bias di desiderabilità dovuti alla necessità di assumere nuovo personale o rappresentare la propria azienda al meglio. Da loro è possibile apprendere la cultura aziendale, le aspettative riposte, le norme da seguire e tante altre indicazioni per assicurarsi che l’azienda offra ciò che si sta cercando. Il concetto alla base di questo processo è che se tutti partono avendo le stesse informazioni, ci sarà meno shift shock.
Se si crede che questo vissuto negativo sia dovuto al radicale cambiamento rispetto alla precedente occupazione o che le proprie aspettative non siano state soddisfatte, ma, al contempo, si percepisce la possibilità di un miglioramento, di ristabilire un equilibrio, allora può essere utile lavorare su sé stessi per affievolire questa sensazione di disagio, ad esempio formandosi, ridefinendo le aspettative precedentemente formulate, oppure collaborando con colleghi e superiori per migliorare i processi lavorativi e sociali.
Qualora questa possibilità di miglioramento non sia percepita come perseguibile, non bisogna avere paura di andarsene malgrado sia passato poco tempo. Bisogna rendersi conto che, nonostante questo porti con sé una serie di problemi organizzativi e di ristrettezza economica, avere una buona salute mentale è più importante.
Come i datori di lavoro possono prevenire lo Shift shock
Le aziende possono lavorare per ridurre lo shift shock durante l’intero processo di ricerca e assunzione. Così come vale per i candidati, anche i responsabili della selezione devono assicurarsi che le loro aspettative siano allineate con quelle dei loro interlocutori e possibili collaboratori futuri. È fondamentale rendere esplicito e chiaro cosa l’organizzazione cerca (sia nei termini di responsabilità quotidiane, sia , cosa aspettarsi dopo l’assunzione e anche nel futuro, poiché il lavoro potrebbe cambiare ed evolversi nel tempo. Il primo colloquio è un momento emozionante sia per le aziende che per i candidati, dunque è comprensibile che entrambe le parti desiderino fare una buona impressione, ma è importante bilanciare l’ambizione di trovare e attrarre il “miglior talento” in circolazione con le possibilità che ha l’azienda di trattenerlo. Questo implica evitare di descrivere un quadro del ruolo e/o dell’azienda troppo roseo o irrealistico, essere trasparenti e puntuali e invitarlo/a a porre domande di approfondimento; di fatto, i colloqui sono più efficaci quando si trasformano in dialoghi piuttosto che in una raffica di domande preimpostate. Può essere utile, durante il colloquio, servirsi di metodologie di assessment (composte da diverse prove e che impiegano molti valutatori) che permettono di valutare in maniera più approfondita e completa le caratteristiche comportamentali, attitudini, capacità e competenze individuali delle risorse, anche in contesti nei quali è richiesto di collaborare con altre persone. Una volta che il candidato è stato assunto e introdotto al suo ruolo e ai colleghi, è importante che il suo diretto superiore sia pronto a facilitare delle conversazioni per discutere delle eventuali preoccupazioni e insicurezze che ha riscontrato e cercare alcune soluzioni per affrontare l’insorgenza dello shock.
Talvolta cambiare ruolo o lavoro può portare i nuovi dipendenti a sentirsi impreparati a soddisfare le esigenze e responsabilità ad essi associati, per cui i loro responsabili diretti o il datore di lavoro dovrebbero indirizzarli verso programmi di apprendimento e formazione, preferibilmente incorporati all’interno del flusso di lavoro, in modo da assicurarsi che si sentano coinvolti e supportati nelle difficoltà.
Nonostante vengano messe in atto tutte le misure preventive per arginare la problematica, non si può avere la sicurezza che lo shift shock sia risolto, e quando insorge la migliore cosa che tu, manager, possa fare è offrire dei momenti e degli spazi per lasciar loro esprimere dubbi, frustrazioni e possibili soluzioni.
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