
L’autore
Tommaso Tarondo
Junior HR
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Introduzione
I datori di lavoro riconoscono sempre più l’importanza della trasparenza salariale, o anche detta retributiva, come elemento per costruire fiducia, attrarre talenti e promuovere diversità, equità e inclusione (DEI) sul posto di lavoro. Secondo una ricerca condotta da Korn Ferry, società di consulenza organizzativa a livello globale, solo il 12% delle organizzazioni ha sviluppato e implementato una strategia di trasparenza salariale, mentre il 75% sta adottando un approccio attendista, osservando e considerando strategie in base alle direzioni che stanno intraprendendo le altre aziende.
Ma partiamo dall’inizio, ovvero dalla definizione di pay transparency. Questa espressione si riferisce alla pratica di condividere apertamente le informazioni sulla retribuzione dei dipendenti in un’organizzazione. Esistono varie modalità e livelli per attuarla, che vanno dal fornire linee guida generali sulle pratiche retributive, al divulgare informazioni specifiche sugli stipendi per ciascuna posizione all’interno dell’azienda. Gli obiettivi primari sono di promuovere l’equità, la giustizia e la fiducia facendo in modo che i dipendenti comprendano come viene determinata la loro retribuzione e come si confronta con quella dei loro colleghi e di responsabilizzare i datori in merito alle pratiche retributive.
Trasparenza retributiva e gender pay gap
In risposta all’aumento delle pressioni del movimento contro il gender pay gap, l’Unione Europea, il 24 aprile 2023, ha rafforzato il principio della parità di retribuzione tra uomini e donne adottando nuove norme sulla trasparenza retributiva, che dovrebbero essere integrate nelle leggi nazionali entro il 2026.
Attualmente le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto agli uomini e ciò ha conseguenze persistenti anche sul divario pensionistico, pari a circa il 30%. Nel documento è riportato che i datori di lavoro avranno l’obbligo di fornire alle persone in cerca di lavoro informazioni sulla retribuzione iniziale, riportandole nell’avviso di posto vacante o comunicandole prima del colloquio di lavoro. Inoltre, sarà vietato chiedere ai candidati la loro retribuzione negli attuali o precedenti rapporti di lavoro. Le aziende avranno l’obbligo di comunicare annualmente (aziende con 250+ dipendenti) o su base triennale (aziende con 100+ dipendenti) ad un’autorità nazionale competente il divario retributivo di genere all’interno della medesima e se questo sarà ingiustificabilmente superiore al 5% scatteranno dei controlli congiunti con i rappresentanti dei lavoratori.
Un divario che coinvolge anche le persone con disabilità
Oltre a queste e numerose altre iniziative e precisazioni, i datori di lavoro dovranno anche prestare attenzione a nuove disposizioni che tengono conto delle esigenze delle persone con disabilità.
I dati indicano che le persone con disabilità continuano a subire discriminazioni nel mondo del lavoro, sia nell’accesso che nella parità di retribuzione a parità di mansioni. Le persone con disabilità hanno meno probabilità di essere assunte a tempo pieno e dispongono di minori opportunità di impiego. In molte situazioni, i loro diritti non vengono rispettati e non ricevono gli accomodamenti necessari.
Vantaggi della trasparenza retributiva
Tra i vantaggi che porterebbe la trasparenza retributiva alle organizzazioni possiamo annoverare:
- Promozione di equità, giustizia e fiducia: è meno probabile che i dipendenti, assicurati della loro retribuzione equa, basata su criteri oggettivi e in linea con i valori aziendali, percepiscano le disparità come discriminatorie, sentendosi, di converso, più valorizzati e coinvolti nel lavoro.
- Aumento della produttività: aumenta il morale, incentiva coloro che si impegnano a fondo e aiuta a comprendere le proprio responsabilità.
- Attira i talenti: le risorse più giovani sono mediamente più attente alle questioni relative alla trasparenza e alla responsabilità sociale, per cui avere la possibilità di rendersi conto che la loro retribuzione è competitiva li porta a desiderare di fare parte o rimanere a lungo all’interno dell’organizzazione.
- Miglioramento della reputazione aziendale: queste aziende sono percepite più etiche, progressiste, rivolte al futuro, aspetti che danno un’immagine positiva al marchio.
Non mancano, in ogni caso, delle resistenze o delle sfide all’implementazione della trasparenza, come anche riportato dalla società Visier, la quale apprende da un sondaggio che il 20% dei lavoratori preferirebbe che il proprio stipendio rimanesse privato.
Vediamo, dunque, quali sono questi svantaggi:
- Conflitti interpersonali dovuti a confronti: si sa, non è piacevole scoprire che il/la proprio/a collega percepisce uno stipendio decisamente più corposo del proprio; ciò può portare a sentirsi demotivati, insoddisfatti, e, nei casi peggiori, a sentimenti di gelosia e risentimento che minano una pacifica collaborazione.
- Rischi legali: questo vale soprattutto se le retribuzioni vengono assegnate secondo criteri che non rispecchiano l’equità e la giustizia, dando adito a motivazioni discriminatorie basate su genere ed etnia.
- Benchmarking: se il proprio stipendio è mediamente più basso di quello che ricevono i dipendenti di un’altra organizzazione, ci si può sentire sottopagati e si è portati a ricercare offerte più vantaggiose altrove, generando una spirale di turnover. Risulta complesso per il datore di lavoro definire una retribuzione competitiva per una posizione se una volta pubblicato l’annuncio il concorrente ne propone ancora una migliore.
Alla luce di questi risultati e dei recenti cambiamenti legislativi, si ritiene che, innanzitutto, i responsabili debbano apportare le correzioni necessarie per stabilire una retribuzione equa e non discriminatoria e, successivamente, garantire che venga fornita una trasparenza sufficiente per consentire ai dipendenti di verificare le informazioni disponibili pubblicamente per legge. Che piaccia o meno alle aziende o ai dipendenti, i giorni della totale segretezza sono finiti.